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di Mario Ajello
“Grazie Antonella,
libraia di Centocelle”.
@RosaPolacco
La libraia di Centocelle, il rogo di Centocelle, l’orrore dell’auto della signora che ha posteggiato sopra i fiori deposti a Centocelle, in memoria delle bimbe bruciate su quel piazzale. Centocelle al centro di tutto. E non si può non pensare, in tutto questo terribile revival di Centocelle, alla canzone più bella che è stata dedicata a suo tempo a quel quartiere e all’autore che l’ha scritta, Flavio Giurato, uno degli artisti più grandi e più misconosciuti del panorama romano dagli anni ‘70 in poi. La sua “Centocelle” è un motivo intriso di fatica e di dolore.
Ma Giurato, che comunque è un pariolino-alternativo, dotato di estrema sensibilità e curiosità a differenza della gran parte dei suoi simili, non è solo “Centocelle” ma soprattutto “Il tuffatore” (“Vorrei esse un tuffatore / per rinascere ogni volta / dall’acqua all’aria”), o quel disco meraviglioso su Marco Polo o “Il caso Nesta”, “L’ufficialino”, la splendida “Dinosauri all’ammasso, non sapevano di morire”. Per non dire dell’ultimo disco sulla scomparsa di Ettore Majorana, o quella specie di pazzo nuovo inno per la Roma. E “Orbetello” e “Praga”. Se fosse stato un cantautore meno estremo, forse Giurato sarebbe diventato De Gregori. Ma non avrebbe mai scritto “Buonanotte fiorellino”. È più adatto a “tu con me, mentre io fuggivo”, “tu con me, e le mani della polizia salite addosso”, “tu con me tra la ricerca e il tempo degli accertamenti”. E siamo di nuovo a Centocelle.
mario.ajello@ilmessaggero.it
libraia di Centocelle”.
@RosaPolacco
La libraia di Centocelle, il rogo di Centocelle, l’orrore dell’auto della signora che ha posteggiato sopra i fiori deposti a Centocelle, in memoria delle bimbe bruciate su quel piazzale. Centocelle al centro di tutto. E non si può non pensare, in tutto questo terribile revival di Centocelle, alla canzone più bella che è stata dedicata a suo tempo a quel quartiere e all’autore che l’ha scritta, Flavio Giurato, uno degli artisti più grandi e più misconosciuti del panorama romano dagli anni ‘70 in poi. La sua “Centocelle” è un motivo intriso di fatica e di dolore.
Ma Giurato, che comunque è un pariolino-alternativo, dotato di estrema sensibilità e curiosità a differenza della gran parte dei suoi simili, non è solo “Centocelle” ma soprattutto “Il tuffatore” (“Vorrei esse un tuffatore / per rinascere ogni volta / dall’acqua all’aria”), o quel disco meraviglioso su Marco Polo o “Il caso Nesta”, “L’ufficialino”, la splendida “Dinosauri all’ammasso, non sapevano di morire”. Per non dire dell’ultimo disco sulla scomparsa di Ettore Majorana, o quella specie di pazzo nuovo inno per la Roma. E “Orbetello” e “Praga”. Se fosse stato un cantautore meno estremo, forse Giurato sarebbe diventato De Gregori. Ma non avrebbe mai scritto “Buonanotte fiorellino”. È più adatto a “tu con me, mentre io fuggivo”, “tu con me, e le mani della polizia salite addosso”, “tu con me tra la ricerca e il tempo degli accertamenti”. E siamo di nuovo a Centocelle.
mario.ajello@ilmessaggero.it
Domenica 14 Maggio 2017 - Ultimo aggiornamento: 00:05
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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